21 agosto - 19 settembre 2010
Team:
Alfredo, Angelo, Christine, Elisa, Irwin, Jim, Leslie, Mimi, Roz, Toni
con Kim e Lhakpa
ITINERARIO
Giorno 1 - Arrivo a Delhi
All’uscita dei voli internazionali attende un rappresentante di Dhruv Travels, che condurrà all’hotel. In questo periodo a Delhi fa estremamente caldo, quindi è probabile che si trascorra gran parte dell’attesa per il trasferimento all’aeroporto a riposare in hotel, anche in considerazione della levataccia prevista per il giorno dopo. In ogni caso, se il volo arriva la mattina o il pomeriggio, c’è il tempo per una rapidissima visita in città, magari facendo un giro con un taxi tuk-tuk.
Giorno 2 - Volo a Leh
Ci si alza molto presto al mattino e si raggiunge, nell’umida alba di Delhi, l’aeroporto, per lo spettacolare volo che dalla capitale ci porta, sorvolando la catena himalayana e buona parte dello Zanskar e del Ladakh, alla volta di Leh. La città, capitale del Ladakh, si trova nello stato di Jammu e Kashmir. Atterrati nel piccolo aeroporto, probabilmente sentirete – oltre al sollievo dell’aria fine di montagna dopo la cappa afosa di Delhi – gli effetti della quota: Leh si trova a circa 3500 metri sul livello del mare e ci vorrà qualche giorno perché il vostro organismo si adatti all’altitudine. Bevete molta acqua, riposate e non vi affaticate se fate qualche passeggiata in città. Il primo giorno, probabilmente anche solo salire le scale nell’hotel vi farà venire un po’ di fiatone. All’aeroporto sarete accolti dal personale dell’hotel, dove Kim e il resto dello staff vi stanno aspettando. Si farà colazione in giardino mentre Kim illustrerà il programma dei prossimi giorni. Poi, una volta sistemati, si potrà fare una passeggiata nella città vecchia. Il programma prevede tutto il tempo necessario per un acclimatamento ottimale alla quota. Se ora avete un po’ di mal di testa e avvertite qualche malessere, niente panico: per il giorno d’inizio del trekking sarete in piena forma.
Giorni 3 e 4 - Leh (3500 m)
Due giorni pieni per acclimatarsi alla quota e gustarsi questa tranquilla cittadina fondata nel XVII secolo, quando faceva parte del Tibet occidentale, e vagare per il suo animato bazar. Ci sono molte cose da vedere in questo tipico centro dell’Asia centrale: il palazzo reale, recentemente restaurato, il vecchio forte con l’adiacente Namgyal Tsemo Gompa, altri monasteri buddhisti della circostante valle dell’Indo, la moschea musulmana (qui le religioni convivono in armonia), i vicoli con le botteghe che sfornano pane arabo, i minuscoli laboratori di antichità, i molti stupa antichi che punteggiano la città e i dintorni e persino il più alto campo di polo del mondo.
Giorno 5 - In auto a Jingchan e trek a Rumbak Sumdo (3875 m)
Con le jeep si raggiunge in qualche ora il punto di partenza del trekking, lasciando la strada Leh-Srinagar poco oltre l’antico Spitok Gompa (XIV secolo), un monastero abbarbicato a un costone sopra i campi del villaggio di Spitok. Dopo aver attraversato il fiume Indo e percorso una strada di montagna per circa un’ora, si supera il Jingchan Chu (fiume) e si raggiunge il villaggio di Jingchan, dove attendono lo staff e la carovana dei cavalli. È ora di mettersi in marcia. Seguendo il corso del fiume, si risale una stretta valle, attraversando e riattraversando il corso d’acqua fino all’ora di pranzo, che si consuma all’ombra delle piante. Il sentiero percorre una stretta gola, superando piccoli stupa con bandiere di preghiera e muri mani, poi il panorama si allarga e si gode per la prima volta della vista della catena innevata dello Stok verso sud e di quella del Ladakh verso nord. Dopo essere entrati in un’ampia vallata, si raggiunge il luogo del primo campo, Rumbak Sumdo, su terreno piacevolmente erboso. Una volta sistemate le tende vi ritroverete nella tenda comune, la “Kamzang” per una buona tazza di chai e uno spuntino. Le case del vicino villaggio di Rumbak, circondato da campi di orzo e da muri mani che fiancheggiano il sentiero, sono sovrastate dalla catena del Rumbak Kangri. Il villaggio è piccolo ma vivace, con grandi greggi di capre pashmina che rientrano al tramonto. Vi sono anche molte serre, un metodo di coltivazione che ritroveremo in tutta la Markha Valley. Vale la pena fare una passeggiata fino all’antico stupa imbiancato a calce sul costone a destra: vi si gode una vista meravigliosa, soprattutto al tramonto, delle montagne, del villaggio e del campo.
Giorno 6 - Trek al Ganda La Camp (4375 m)
Inizialmente si segue controcorrente il fiume Jingchan, che presto si attraversa su un ponticello di legno per poi risalire la valle in direzione di Yurutse, un insediamento fatto di una sola grande casa a circa 4200 metri, con bellissima vista sullo Stok Kangri. A un’ora di cammino da Yurutse, sempre con lo Stok Kangri a dominare la vista, si raggiunge il luogo del campo, il Ganda La Camp. Meglio indossare qualcosa di caldo, perché la quota comincia a farsi sentire; nei pressi del campo c’è uno sperone che vale la pena salire per godersi la vista delle montagne circostanti, con lo Stok Kangri in primo piano.
Giorno 7 - Trek a Shingo (4050 m) attraverso il Ganda La (4985 m)
Il primo passo! Non è un passo lungo o difficile da raggiungere (circa 3 ore). Dietro incombe la massa dello Stok Kangri, così, con la scusa delle fotografie, si possono fare un po’ di soste per riprendere fiato. Il passo, a quasi 5000 metri, offre una vista a 360 gradi fino alla catena dello Zanskar verso sud. Si percorre quindi la ripida discesa nella Shingo Valley, che si stende ai nostri piedi. Il sentiero si fa via via più comodo e in circa 2 ore e mezza, dopo aver superato il lungo muro mani fiancheggiato da stupa, si arriva al villaggio di Shingo, nei pressi del quale, su un prato, si fa il campo per la notte. Shingo, in realtà, non è composto che di due case lungo un torrente.
Giorno 8 - Trek a Chumik Hamjura (3525 m)
Si scende lungo la valle attraverso una stretta gola di rocce colorate e strane formazioni rocciose, attraversando più volte il torrente Shingo, fino a raggiungere il gradevole villaggio di Skyu, di tipiche case ladakhe. Prendetevi il tempo per visitare il millenario monastero locale e per bere una tazza di tè in una tea-house. Poi si fiancheggia il fiume Markha e, superati numerosi muri mani, stupa e rocce con incise raffigurazioni del Buddha che segnano l’uscita dal villaggio, si segue un sentiero a mezza costa che porta in un paio d’ore a un gruppo di vecchi stupa in rovina abbarbicati al costone, da cui si gode di una bella vista della valle. Dopo la sosta per il pranzo, superata una sorgente, dopo circa tre quarti d’ora di salita si attraversa il Markha su uno splendido vecchio ponte. Il campo a Chumik Hamjura è nei pressi di un pascolo erboso. C’è anche una piccola tea-house. Non è raro che i pastori passino attraverso il campo con le loro greggi di pecore e capre pashmina, un’ottima opportunità fotografica. Proprio di fronte al campo scorre il fiume.
Giorno 9 - Trek a Markha (3760 m)
Una giornata di 5 ore di cammino. Si prosegue lungo la sponda sinistra del Markha, salendo gradualmente a un ampio altopiano punteggiato con un lungo muro mani e alcuni stupa, poi si scende alle due case di Nakdi, proprio di fronte a un’antica grotta di meditazione al di là del fiume. Superato il minuscolo insediamento di Sara e le rovine di antichi monasteri edificati sui ripidi versanti, si raggiunge la piccola tea-house di un intagliatore di legno, superando poi gole spettacolari lungo un sentiero marcato da piccoli stupa in rovina. Lasciati indietro un lungo muro mani e stupa giganteschi, con alle spalle splendide viste dalla Markha Valley, si sosta a un antico ihatoo, un monumento votivo dedicato agli dei delle montagne. In un’altra ora si raggiunge la confluenza tra il Markha e un piccolo affluente, dopo aver superato alcuni stupa colorati e guadato il fiume (ricordate di tenere i sandali a portata di mano). Di fronte, sul versante della valle, ci sono le rovine di un forte. Ancora una mezzoretta e si raggiunge il villaggio, nei pressi del quale si monta il campo. I bambini del villaggio non mancheranno di farvi visita.
Giorno 10 - Trek a Thagutse (4260 m)
Un altra classica giornata di trekking himalayano, leggermente più lunga di ieri. Si comincia salendo sul ripido versante roccioso: la fatica è stemperata dalla splendida vista sulla catena del Ladakh. Oggi si guaderanno due fiumi, dunque ricordate di mettere i sandali nello zaino. Il primo guado si trova ai piedi della prima discesa della giornata: il fiume qui non è profondo, ma piuttosto largo. Poco dopo il guado si scorge il monolito dove un lama locale effettua ogni anno una celebrazione rituale. Dopo un secondo guado si raggiunge lo stupendo Tertha Gompa, un monastero costruito in cima a uno spuntone affilato dal quale si gode una bella vista della valle. In breve si perviene al piccolo insediamento di Umlung (3900 m), dove potrete gustare il succo estratto dalle bacche di cui è ricca l’area, un prodotto delle donne locali. Di fronte si eleva il Kang Yatze (6400 m), con la vetta, perfettamente triangolare, ricoperta di ghiacci. Ancora un’ora o poco più di marcia lungo il fiume e si giunge a Hangkar (3950 m), sovrastato da una fortezza. Superato un ponte e si comincia a seguire il torrente Nyimaling. Da Hangkar in un paio d’ore si raggiunge il campo a Thagutse.
Giorno 11 - Trek a Nyimaling (4850 m)
Un’altra splendida giornata, non particolarmente lunga, ma assolutamente spettacolare, con ampie viste della catena dello Zanskar e con il Kang Yatze sempre incombente. Il sentiero serpeggia su per la valle e scollina parecchie volte prima di raggiungere un idilliaco laghetto nel quale si riflettono le montagne circostanti. Un’altra ora di cammino porta agli alti pascoli di Nyimaling, un altro posto spettacolare per montare il campo, fare pranzo e godersi un intero pomeriggio di riposo per passeggiare nei dintorni, avvistare animali ed esplorare questo altopiano assolutamente unico. Qui gli yak vagano liberi, creando un ambiente tipicamente tibetano. Prima del tramonto, i pastori fanno ritorno ai loro ricoveri di pietra (doksa) con greggi di centinaia di pecore e capre, e forse ci si può procurare un po’ di yogurt fresco.
Giorno 12 - Trek allo Zalung Karpo La High Camp (4675 m)
Sarà una giornata lunga, quasi 8 ore di cammino. Portate con voi i sandali, saranno utili verso la fine dell’itinerario. Si affronta subito il ripido pendio dietro al campo, di fronte al Kang Yatze, con un panorama ampio e grandioso. Poi si discende, su terreno abbastanza ripido, verso la valle del fiume Langthang e il campo alla base del Zalung Karpo La, il passo che si affronterà domani. Dopo pranzo si raggiunge un luogo detto Mani Chen (posto dei muri mani), una vecchia stazione di sosta della via carovaniera, poi si prosegue per circa un’ora fino al campo, in uno spiazzo roccioso.
Giorno 13 - Trek a Tsokra (4330 m) via Zalung Karpo La (5200 m)
Partenza di buon’ora per la salita al Zalung Karpo La (anche oggi non dimenticate i sandali per guadare i torrenti). Dopo un’oretta di camminata lungo il fiume, si devia nel vallone di accesso al passo, che si risale seguendo un torrentello, finché in un paio d’ore si raggiunge lo Zalung Karpo La, a 5200 metri. Il panorama sulle catene dello Zanskar e sull’Himalaya è grandioso. La discesa è ripida su terreno sabbioso, mentre il calore del sole può diventare progressivamente più intenso nella vallata sottostante. Si sta entrando nel Kharnak, la regione di pascoli d’alta quota dei nomadi ladakhi. Ancora un paio d’ore di cammino con qualche saliscendi lungo il fiume e alcuni guadi, la cui difficoltà dipende dal livello delle acque. Infine, dopo 7-8 ore di marcia si raggiungono i gradevoli prati dove è montato il campo. ►
Giorni 14 e 15 - Trek a Dat (4310 m)
Una giornata piuttosto lunga attraverso profonde gole. Si comincia con un facile guado e camminando lungo il fiume, poi si prosegue attraverso insediamenti di nomadi, campi di cereali e recinti per le greggi. Vi sono anche le rovine di un forte chiamato fortezza di Khar (da cui il nome Kharnak della regione) a guardia della valle. Camminando nell’acqua del torrente si penetra in una gola molto stretta, che poi si allarga in un canyon punteggiato di salici. Giunti alla confluenza di due fiumi (Tantse Sumdo), si svolta a sinistra lungo il corso del Kharnak, addentrandosi nell’omonima regione verso i pascoli di Dat. Ancora 2 ore e mezzo di cammino e si perviene a un altopiano di pascoli, e dopo qualche saliscendi si raggiunge il Ihatoo del Kharnak, il luogo dove i pastori nomadi e i monaci portano le loro offerte agli dei delle montagne durante una cerimonia chiamata Gertsa. Si prosegue attraverso una valle ricca di acque, costeggiata da pareti rocciose color rosso mattone molto tormentate e punteggiata di tempietti votivi. Un paio d’ore più tardi, dopo aver percorso due aridi altopiani con lunghi muri mani e belle incisioni (segni che dicono che si sta percorrendo un’antica via carovaniera), si raggiunge il villaggio di Dat. Il luogo dove si trova il campo per le due notti seguenti è gradevole, un prato d’alta quota abitato da una colonia di marmotte nei pressi dell’insediamento, oggi abbandonato, di Shemen. Un campo perfetto, su confortevole terreno erboso per un giorno intero di riposo e relax. Se avete voglia di fare una passeggiata, provate a risalire il vallone laterale che parte dietro il villaggio di Shemen: durante il pomeriggio potrete probabilmente avvistare svariati animali selvatici. Un’altra visita interessante è il gompa di Dat, dove regna supremo il locale dio Ka La Bu Skyong, il protettore delle famiglie. Occorre rintracciare il monaco che conserva le chiavi della porta d’ingresso, lo stesso cui si riconosce una tariffa per l’occupazione del suolo del campo.
Giorno 16 - Trek a Lungmoche (4710 m) attraverso lo Yar La (4950 m)
Un altro passo, un’altra giornata piuttosto impegnativa, che inizia con 3 ore di discesa lungo la valle. Ricordate di partire con un’adeguata scorta d’acqua, perché oggi si attraversano zone aride. Si farà la sosta per il pranzo alla base dell’ultima salita – priva di difficoltà – verso lo Yar La (4950 m). Lo stupa sul passo presenta alcune belle incisioni, tra cui quella della divinità montana del Kharnak, un’amabile dea chiamata Tsering Ma, la più vecchia di cinque sorelle, della quale si ha notizia anche in Tibet. La maggior parte di queste divinità alpestri appartengono alla religione Bon, ma sono state inglobate nel buddhismo locale come protettori. Appena superato il passo diventa visibile il luogo del campo, a Lungmoche, a circa mezzora di discesa: un’altra gradevole località di pascolo lungo un torrente.
Giorno 17 - Trek a Spagmur (4610 m)
Si scende lungo il fiume, superando i ricoveri estivi dei pastori ladakhi: cerchi di pietre su cui montare le tende di lana di yak, pozzi e ricoveri per le provviste. Dopo essere saliti a un piccolo passo, si scende lungo una gola di rocce scolpite dal tempo all’altopiano dove si trova il villaggio di Sangtha, con le sue case sparse abitate durante l’autunno. Questo villaggio segna il confine tra la regione dei nomadi ladakhi e quella tibetana. Dopo aver guadato lo Zara Chu (sandali!), si fa sosta per pranzo presso lo stupa che marca l’ingresso alla zona di di Spagmur, il cui omomimo villaggio si raggiunge in poche ore di marcia. Se guardate indietro in direzione del torrente Zara, individuerete le “Cinque sorelle”, le montagne che ospitano le cinque dee alpestri che vivono in quella catena dall’aspetto così peculiare.
Giorno 18 - Trek a Narbus (4820 m) attraverso lo Spogmur La (4950 m)
Con un paio d’ore di ripida salita si raggiunge lo Spogmur La (4950 m): di qui la vista spazia sulle montagne e le valli sottostanti, dove si vedono in lontananza le tende di tela e di lana di yak dell’insediamento di nomadi tibetani di Narbus, dove si farà il campo. Nel visitare le loro tende, i pastori offriranno il tipico tè salato tibetano e dello yogurt. Narbus è un buon posto per distribuire qualche dono (un capo d’abbigliamento di troppo, per esempio) o quel po’ di cancelleria (matite, matite colorate, gomme… non penne biro o pennarelli, perché a queste quote perdono l’inchiostro!) che forse avrete portato con voi per farne dono ai bambini. Naturalmente, neppure i nomadi disdegnano il denaro contante…
Giorno 19 - Trek al Numa River Camp (4610 m)
Per un paio d’ore si percorre la vallata di Narbus in direzione della strada Leh-Manali, per poi attraversare l’altopiano in direzione di uno spettacolare canyon. Le viste sono spettacolari, soprattutto quando si raggiunge il bordo dell’altopiano. Si scende lungo un ghiaione fino al fiume che scorre in fondo alla valle. Il campo è situato lungo il fiume nel punto di affluenza di un torrente, sotto pilastri di erosione che formano le tipiche “cattedrali” himalayane dette hoodoo.
Giorno 20 - Trek a Zozogong (4940 m)
Il trekking ora cambia radicalmente: si procede per oltre 2 ore nel fondovalle, guadando più volte vari torrenti, fino a raggiungere la base del Thelekang La, il passo di 4980 metri che sovrasta il sito del campo odierno. Occorrono circa 2 ore e mezza di facile salita per raggiungere la sommità del passo. Zozong è un luogo favoloso per fare il campo ed è possibile ricevere la visita di qualche sospettoso kyang (asino selvatico), innervosito dalla presenza dei cavalli.
Giorno 21 - Trek al Thargang Nomad Camp (4750 m)
Il posto è meraviglioso e camminare è davvero gradevole. Ci si dirige, in discesa, verso la grande piana alluvionale che punta diretta alla catena himalayana, sempre più incombente, inoltrandosi nella cosiddetta “kyang valley”, perché è molto probabile avvistarne qualche branco. Il terreno si fa soffice e un po’ paludoso, con i prati punteggiati di fiori. Si fa sosta per il pranzo quando mancano ancora circa 3 ore per raggiungere il sito del campo, situato nei pressi di un accampamento di pastori nomadi.
Giorno 22 - Trek a Lhatoo Gongma (Sunshine Camp) (4670 m) attraverso il Manechen La (4765 m)
Si parte per un altro passo, meno elevato dei precedenti, tenendosi alla sinistra del fiume. La salita al passo è priva di difficoltà, la discesa fino al fondovalle, invece, è piuttosto ripida. Continua la possibilità di avvistare kyang, presenti in quantità in quest’area. Oggi è una giornata breve, così si fa il pranzo nello stesso luogo dove lo staff predispone il campo.
Giorno 23 - Trek a Kyangdom (Lago Tso Moriri) (4530 m)
Una magnifica giornata di cammino lungo il fiume, che occorre guadare dopo circa 4 ore (ricordate di tenere a portata di mano i sandali). Ancora un’ora e poi, dopo una salita lungo un sentiero leggermente esposto, si apre davanti agli occhi la vista del lago Tso Moriri, che si allunga verso nord per 26 chilometri. Tra i meandri dell’emissario del lago si stendono i prati dove di monterà il campo: Kyangdom, sede di un accampamento di nomadi ladakhi per alcuni mesi estivi. Kyangdom significa “regno del kyang” e i numerosi avvistamenti fanno onore a questo nome.
Giorno 24 e 25 - Trek a Korzok Phu (4640 m)
Si lascia presto il campo perché oggi sarà una lunga giornata di cammino lungo la sponda orientale del lago Tso Moriri. È bello camminare in piacevoli saliscendi lungo l’acqua che riflette le vette nevose circostanti, osservando gli uccelli e la catena himalayana. Superati alcuni muri mani, si affronta un’ultima salita per raggiungere il piccolo passo che offre una splendida vista del restaurato gompa di Korzok. Ancora mezz’ora e si entra nel villaggio di Korzok, raggiunto da un’impervia strada che si dirama dalla statale Leh-Manali. Si può visitare il monastero e ristorarsi nella minuscola tea-house, per poi proseguire verso il campo, circa 45 minuti oltre il villaggio. Quest’ultima tappa pomeridiana segue piacevolmente un sentiero ben battuto lungo un torrente, fino al campo, nei pressi di un accampamento di nomadi. In totale, la giornata prevede 8-9 ore di cammino. Segue un giorno di riposo: i ragazzi nomadi se ne vanno in giro sui loro asini e molti bambini vi faranno visita per vedere se avete qualche matita colorata da donare loro.
Giorno 26 - Trek a Changma (5210 m) viail Yalung Nyau La (5450 m)
Si parte presto per affrontare la ripida salita allo Yaung Nyau La, un passo di 5450 metri. Ci vuole circa un’ora di cammino sull’altopiano per raggiungere la base del passo e poi altre 3 ore per giungere finalmente a toccare i festoni di bandiere di preghiera che lo adornano. La vista sullo Tso Moriri è mozzafiato, mentre dall’altro versante del passo (sud) si spazia sulla catena del Mentok (che significa “fiore”). La discesa è molto bella, tra pascoli e vallette erbose, attraversando i piccoli insediamenti di Sherma e Barma. Ancora un guado, forse saltando da un masso all’altro, e poi si punta verso un altro passo, questa volta di quota più modesta, il Kartse La (4505 m), quindi giù fino ai prati di Changma, dove si monta il campo più alto, a 5210 metri. L’ambiente è tipicamente tibetano: grandi spazi, altopiani erbosi, natura selvaggia, panorami strepitosi, cielo infinito e nomadi a cavallo alla guida delle greggi.
Giorno 27 - Trek a Rajung Karu (4880 m) via Kyamayuri La (5430 m)
Una giornata breve ma stupenda, che si apre con un paio d’ore di cammino sull’altopiano, con marmotte e pika che ogni tanto fanno capolino dalle tane e yak che pascolano in libertà. Si segue il corso di un torrente per gran parte della salita fino a raggiungere il Kyamayuri La, a 5430 metri. La salita è del tutto priva di difficoltà. Sull’altro versante del passo la vista si apre sul lago Tso Kar e sul sentiero che vi discende, per raggiungere in un paio d’ore il campo a Rajung Karu, dove si fa il pranzo e ci si gode un pomeriggio di riposo.
Giorno 28 - Trek a Riyul (Lago Tso kar) (4560 m) via Horlam Kongka La (4950 m)
Ultimo giorno di trekking, con una splendida destinazione. Ci vogliono 2 per raggiungere l’ultimo alto passo, il Horlam Kongka La (4950 m), ma prima bisogna guadare un fiume. Ancora accampamenti di nomadi, grandi praterie e una facile ascesa al passo, per un ampio panorama sul lago. Il luogo dove è previsto il campo è spettacolare, così probabilmente si deciderà di posticipare il pranzo fino a destinazione. Lo Tso Kar è il lago salato per antonomasia della regione del Rupshu, un tempo sede di giacimenti di salgemma sfruttati dai nomadi. Oggi il lago Tso Kar non è più così salato come un tempo e il commercio del sale ha perso d’importanza in seguito all’introduzione in Ladakh del sale indiano. Sul lato nord del lago vi è un piccolo villaggio tibetano chiamato Tukje, con un vecchio gompa. Potete fare una bella passeggiata pomeridiana lungo il lago per saggiarne la salinità, ma attenti ai cani dei pastori.
Giorno 29 - In auto a Leh
Il trekking è finito e ci si rilassa sulle jeep godendoci le 5 spettacolari ore di viaggio attraverso il Rupshu e la valle dell’Indo lungo la strada Manali-Leh: la degna conclusione di un viaggio meraviglioso. Si rientra all’hotel di Leh, dove attende una meritata doccia calda e gli abiti lindi e confortevoli lasciati prima di partire. Poi una bella cena al ristorante, per celebrare questa incredibile avventura nel Tibet indiano.
Giorno 30 - Volo a Delhi
Un’altra trasvolata dell’Himalaya di prima mattina, per assaporare ancora una volta dall’alto l’imponenza della catena montuosa.
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